Il blog di Cerbi

Due Sogni, 2017

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...al posto del personaggio compare Richard con in mano un grosso cuore nero e viola, che capisco essere il mio. “Kill the next one faster”, mi dice.

Due sogni molto strani che avevo fatto nel 2017.

1.

Era un videogioco dalla grafica low-poly, stile ps1 e con texture sgargianti. La visuale era isometrica e controllavi il personaggio in giro per quest’isola ricoperta di boschi e con qualche edificio e villaggi sparsi qua e là, alcuni collegati da piccole rotaie stile Minecraft. L’unico personaggio degno di nota è Richard, un bambino la cui voce viene sentita a prescindere da dove ci si trova nell’isola; dopo un po’ uccide il mio personaggio.

Compare una lista di titoli che scorro fino a ritrovare il gioco di prima, il quale scopro chiamarsi “Ennuità” (potrebbe esserci stato un sottotitolo, anche se non lo ricordo). La schermata del titolo consiste in una visione laterale dell’isola che ruota su sé stessa, stile Super Mario World (?). Appena ricomincia Richard mi avverte di non aprire una particolare porta (“open all doors but that”, mi sembra) che conduce dentro un edificio di vetro al cui interno sembrano esserci degli uffici. Non appena riprendo il controllo del personaggio corro verso quella specifica porta e non appena si apre (automaticamente, era una porta scorrevole dei supermercati) al posto del personaggio compare Richard con in mano un grosso cuore nero e viola, che capisco essere il mio. “Kill the next one faster”, mi dice.

2.

Ero tornata al liceo, che però era una versione ingigantita dell’esterno del Polo Fibonacci, come se fosse stato reimmaginato dai creatori di Myst. Ero con la mia vecchia classe e la mia professoressa di fisica e matematica dentro le rovine di un edificio di cui rimanevano solo le mura; a un certo punto apro una fontanella, in realtà una grossa bocca di leone, e da questa inizia a sgorgare un’enorme quantità d’acqua. Pensando sia rotta la professoressa mi manda a chiamare un addetto ai lavori. Una volta trovato lo seguo dentro un portone tecnologico che conduce sottoterra, attraversando prima un’anticamera congelata piena di cappotti pesanti appesi, a metà tra una cella frigorifera e un armadio per poi arrivare a un lungo corridoio; le stanze sulla destra sono i dormitori che la mia classe ha lasciato una volta finito il quinto e che fino a quel momento erano rimaste sigillate in attesa del nostro ritorno, esattamente come le avevamo lasciate, e in ogni stanza si poteva discernere il modo in cui ognuno l’aveva preparata sapendo che ci sarebbe tornato: alcune avevano le camicie appese in giro, altre erano in perfetto ordine, in altre avevano lasciato gli zaini qua e là. Sulla sinistra invece sembrano esserci varie sale adibite ai vari sistemi dell’edificio e infatti in una trovo l’addetto ai lavori che armeggia per riparare la fontana di sopra.

Una volta uscita incontro i miei genitori e insieme ci mettiamo a correre verso una non precisata metà; lungo il tragitto vedo una casetta separata dal resto del liceo da un baratro e lo descrivo come “la casa del doppio salto” e mia madre si mette a ridere.